martedì 19 febbraio 2008
Premio Belial: Biografia II di Libero Sanvito
Hector Luis Belial, ultimo di tre fratelli, nacque il 14 febbraio 1987 a Benemerito de las Americas, nella regione messicana del Chiapas. Il padre Gonzalo Belial gestiva un distributore di benzina sulla Carretera Fronteriza, la strada che costeggia il confine fra il Messico e il Guatemala. La madre, Carlotta de Manzi, una ricercatrice dell’Università di Siena, si era recata nella selva lacandona per studiare le comunità zapatiste, dove conobbe il futuro padre dei suoi figli.
La tranquilla vita di Hector venne sconvolta la sera del 4 luglio del 1991: la sua famiglia trovò la morte in un incidente stradale dal quale solo lui uscì illeso. La nonna materna, ricca figlia di industriali trevigiani, saputo dell’accaduto ottenne l’affidamento del giovane Hector. Il passaggio dalla libera e semplice vita messicana a quella formale e lussuosa della ricca provincia veneta non fu privo di difficoltà, ma egli seppe adattarsi. Studiò neli migliori istituti e terminò la scuola dell’obbligo a Parigi, dove conobbe le passioni della sua vita: la fotografia e la lettura.
Appena diciannovenne vide esposti i suoi scatti al prestigioso festival di Hyeres, all’interno di una personale intitolata “L’enfer, c’est le autre” (trad. “L’inferno, sono gli altri”) . Le sue foto, di chiara ispirazione esistenzialista, rappresentano secondo il critico E. Palomi “una società dove l’altro è visto come elemento ansiogeno, dove il crimine permea il quotidiano, dove la violenza si riscontra in ogni ambiente [...] immagini dove è possibile riconoscere una spietata critica alla società contemporanea. La macchina forografica è utilizzata da Belial come strumento di indagine e di denuncia”. La lettura di Camus, Hemingway e di Jodorowsky lo influenzano enormemente: a questi scrittori è dedicata la sua raccolta di racconti “Psicomagia, porte chiuse e fiesta”, premiato della prestigiosa Hoogenschool Antwerpen.
Hector Luis Bielal oggi studia al Royal College of Art di Londra, colleziona pacchetti di sigarette – da lui definite “l’ultima affermazione di libertà dell’ipocondriaco e sterile uomo moderno” – e prosegue la sua attività di fotografo e scrittore. “Saxophone Street Blues” è il suo primo romanzo.
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