Belial coltiva, tra gli altri, il vizio della scrittura. Ha scritto i romanzi Saxophone Street Blues (2008, Las Vegas) e Making Movies (2009, Las Vegas).

venerdì 18 settembre 2009

Cinéma Belial: Mary and Max

Mary and Max (Australia 2009), scritto e diretto da Adam Elliot.

Il cinema d’animazione per adulti (leggasi: non strettamente per bambini) ha un pubblico? I distributori italiani sembrano dubitarne. Eppure, se ieri sera uno solo di questi signori – che immagino troppo impegnati per vedere tutti i film ai quali negano la diffusione – avesse messo piedi nella sala grande del teatro Dal Verme (1400 posti), si sarebbe dovuto accontentare di un posto a sedere sui gradini. È la prima volta in quattordici anni che gli organizzatori del Milano Film Festival ammettono al concorso per lungometraggi un film d’animazione. Trattasi di Mary and Max, opera prima dell’australiano Adam Elliot, ignorato dalla distribuzione italiana e proiettato ieri in anteprima nazionale. La risposta del pubblico? Sala gremita, scrosci di applausi.




«Una bimba australiana a colori e un ebreo di New York in bianco e nero, diventano per caso due amici di penna surreali», ci informa il programma del MIFF. Il termine “surreali” è fuoriposto nella frase quanto la virgola, ma la sinossi è almeno efficace nel dare un’idea della semplicità del soggetto. Economico nella durata, nelle ambientazioni e nel numero di personaggi, Mary and Max riesce comunque ad essere spettacolare e spassoso grazie alla magistrale animazione in stop motion e a una sceneggiatura spregiudicata.

Elliot ha avuto il coraggio, ancora relativamente raro, di inserire in un film d’animazione rappresentazioni dell’alcolismo, della malattia mentale e del sesso – tutto questo senza aggiungere un grammo alla leggerezza del film, complice una raffica di gag visive e verbali. Ancora più azzardato, e splendidamente fortunato, è il deliberato abuso della voce narrante e delle voci fuoricampo dei due personaggi (attraverso l’escamotage dell’epistolario). Qualsiasi manuale di sceneggiatura consiglia, per evidenti ragioni, di moderare l’uso di queste tecniche narrative; Elliott le usa per tutti i novanta minuti, eppure il film non perde ritmo né humour nemmeno per un secondo.

Banale, ma comunque funzionale, la scelta delle musiche. Philip Seymour Hoffmann dà la voce a Max, Tony Collette a Mary.




È tutt’altro che improbabile, visti i film concorrenti, che la giuria del MIFF ratifichi l’entusiasmo degli spettatori. Si potrebbe malignare che, in un concorso di opere prime e seconde di carneadini internazionali, Elliot ha gioco facile. L’australiano ha già portato a casa un Oscar per l’animazione col corto Harvey Krumpet, e Mary and Max è stato il primo film d’animazione di sempre ad aprire un’edizione del Sundace. Ma al di là dei trascurabili esiti della competizione, questa prima proiezione di Mary and Max ha chiarito un dubbio: il pubblico c’è. E la distribuzione?

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